Francesco Caroli, docente da molti anni nel nostro istituto, è gia alla sua seconda esperienza come scrittore. Dopo la pubblicazione nel 2007 di “Dimensioni iperboliche” (una raccolta di poesie, racconti, aforismi e scritti giovanili), a dicembre dello scorso anno ha pubblicato (con la formula in uso dell’acquisto di un certo numero di copie dalla casa editrice) “Nel nostro anno”, che presenta due racconti da lui definiti “del divenire”. La narrazione si articola infatti tra presente, passato e futuro. A lui abbiamo rivolto alcune domande sui motivi che lo hanno portato a pubblicare i suoi libri e, quindi, qual è il suo rapporto con la scrittura.

“Scrivere per me, significa, fissare sulla carta pensieri, opinioni, desideri, modi di vivere, che non necessariamente debbono essere comunicati agli altri. Penso che la scrittura debba servire in prima battuta soprattutto a se stessi”.
alle superiori. Purtroppo oggi l’abitudine a leggere è stata superata da altre consuetudini. Ora la comunicazione e la conoscenza avvengono attraverso media non più caldi (libri o giornali) ma attraverso quelli che vengono definiti media freddi: tv, cellulari, computer, eccetera. Dipende da questo, penso, il fatto che le nuove generazioni non sappiano più leggere e quindi non sappiano più scrivere.
In termini umani, cosa significa per lei scrivere?
Come scrive: su carta o al computer? Da una decina di anni almeno scrivo sul mio pc. Fino ad allora ho sempre scritto sulla mia Olivetti 45, la mitica macchina da scrivere, che io riuscii ad acquistare da ragazzo con i primi soldi guadagnati: il presalario – una sorta di borsa di studio – ottenuto nei miei anni di studi universitari a Roma.
Quali sono i suoi libri preferiti?
Leggo un po’di tutto: narrativa, saggistica, giornali. In questo momento sto leggendo ad esempio l’ultimo libro di Umberto Eco.
Ci può introdurre in maniera affascinante alle storie del suo ultimo libro?
L’ultimo mio libro si intitola: Il nostro anno, ed è una sorta di viaggio alla ricerca di sé stessi e di quello che ci circonda. Tra passato, presente e futuro, il libro si articola in due parti: Il volo della rondine e 1950.
Di cosa parla Il volo della rondine?
Il volo della rondine rappresenta metaforicamente il nostro presente. Strutturato come racconto breve, mette in contrapposizione l’ordine naturale delle cose (quello delle rondini) con quello consumistico creato dall’uomo. Una famiglia di Balestrucci costruisce il suo nido all’interno di un villaggio turistico. Il nido viene però alla fine abbattuto e le rondini fatte fuggire. Ma la loro fuga è come un segnale e un avvertimento: bisogna tutti insieme fare qualcosa per porre un argine al depauperamento del nostro pianeta.
E 1950?
In 1950 il passato remoto si tramuta diventando futuro. Partendo dalla strofa di una delle più belle canzoni degli anni Ottanta (“1950” di Minghi): «Nel nostro anno tra la guerra e il Duemila», si cerca di ripercorrere, attraverso la descrizione dell’infanzia di Paolo passata nella masseria dei nonni, il senso dei cambiamenti e delle trasformazioni epocali che si sono succeduti dalla fine della seconda guerra mondiale ai nostri giorni. Paolo, il protagonista del racconto, si vede proiettato nel 2030 – quasi ottantenne – a riconsiderare la sua vita attraverso il colloquio pressante con la nipote sedicenne Asia. Si parte proprio dai primi anni della sua infanzia, passati in una masseria della Murgia pugliese. Come veri e propri affreschi, vengono tratteggiati avvenimenti, usi e costumi di una famiglia contadina di stampo patriarcale nei primi anni Cinquanta: quella dei nonni materni di Paolo. Vengono così rivisitati modi di fare, di pensare e di vivere di quegli anni, considerati in modo metaforico come trampolino di lancio verso il futuro e di tutto quello che succederà in seguito nel nostro Paese e all’intera Umanità. Alcune pagine vengono dedicate alla vendemmia, alla mietitura, al rito della tarantolata, ai balli, alle feste e alle tradizioni delle nostre campagne pugliesi. Verrà descritta la grande nevicata del 1956 e la scuola degli anni Cinquanta. Alla fine del libro un post, una poesia scritta come un messaggio lanciato al futuro dei giovani.
Che rapporto ha con i personaggi delle storie che racconta?
Si tratta soprattutto di storie un po’ autobiografiche. Quindi vi è uno stretto legame con i personaggi e le storie di cui scrivo.
Alla termine del libro “Nel nostro anno” di Francesco Caroli, vi è un post: una poesia dedicata al futuro dei nostri giovani, fermi sull’uscio ad aspettare – come si dice in una celebre canzone di Lucio Dalla, “Il motore del 2000” – che venga abbattuto quel ghetto costruito in questi nostri anni, tra la guerra e il Duemila.
Fermare il mondo con un dito
Riuscire – vorrei – a fermare
il mondo con un dito.
E rallentare questa corsa sfrenata!
Poggiare la mia fronte proprio lì,
vicino alle calotte polari
e guardarlo al centro dei suoi mari glaciali.
Arrestare per un momento il battito
del suo moto perpetuo e poi infondergli
un po’ di respiro in più. Se è necessario
potrei anche soffiargli dentro,
attraverso uno dei suoi vulcani
non spenti. Cancellare veloce
questo buco assassino nell’ozono.
E spegnere i gas pestiferi dell’atmosfera
che soffocano la terra come in una serra.
Fermare riuscire vorrei il mondo
con un dito.
È stanco da non credere!
Non ce la fa più a reggere il peso
di secoli e secoli di millenni passati
a trasportare abitanti capricciosi
e irresponsabili.
Vorrei riuscire a fermare
il mondo con un dito.
Così per osservarlo finalmente
come uomo libero dei suoi peccati.
Capace di riscatto per aver fermato
l’abbattimento delle foreste
e l’emissione di gas inquinati,
l’estinzione di specie animali e della flora.
Sì, riuscire – vorrei – a fermare
il mondo con un dito!
Prenderlo nella mia mano
per sollevarlo dal suo indefinito futuro
e guarito ed incolume
portarlo sulla soglia del quarto millennio.
Proprio là dove ci attende il nostro destino,
che inconsapevole si specchia
in quello dei nostri figli.
© Francesco Caroli
Redattore: Cosimo Solito
Che rapporto ha con i personaggi delle storie che racconta?
Si tratta soprattutto di storie un po’ autobiografiche. Quindi vi è uno stretto legame con i personaggi e le storie di cui scrivo.
Alla termine del libro “Nel nostro anno” di Francesco Caroli, vi è un post: una poesia dedicata al futuro dei nostri giovani, fermi sull’uscio ad aspettare – come si dice in una celebre canzone di Lucio Dalla, “Il motore del 2000” – che venga abbattuto quel ghetto costruito in questi nostri anni, tra la guerra e il Duemila.
Fermare il mondo con un dito
Riuscire – vorrei – a fermare
il mondo con un dito.
E rallentare questa corsa sfrenata!
Poggiare la mia fronte proprio lì,
vicino alle calotte polari
e guardarlo al centro dei suoi mari glaciali.
Arrestare per un momento il battito
del suo moto perpetuo e poi infondergli
un po’ di respiro in più. Se è necessario
potrei anche soffiargli dentro,
attraverso uno dei suoi vulcani
non spenti. Cancellare veloce
questo buco assassino nell’ozono.
E spegnere i gas pestiferi dell’atmosfera
che soffocano la terra come in una serra.
Fermare riuscire vorrei il mondo
con un dito.
È stanco da non credere!
Non ce la fa più a reggere il peso
di secoli e secoli di millenni passati
a trasportare abitanti capricciosi
e irresponsabili.
Vorrei riuscire a fermare
il mondo con un dito.
Così per osservarlo finalmente
come uomo libero dei suoi peccati.
Capace di riscatto per aver fermato
l’abbattimento delle foreste
e l’emissione di gas inquinati,
l’estinzione di specie animali e della flora.
Sì, riuscire – vorrei – a fermare
il mondo con un dito!
Prenderlo nella mia mano
per sollevarlo dal suo indefinito futuro
e guarito ed incolume
portarlo sulla soglia del quarto millennio.
Proprio là dove ci attende il nostro destino,
che inconsapevole si specchia
in quello dei nostri figli.
© Francesco Caroli
caroli.f@libero.it
Redattore: Cosimo Solito
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